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FUORI delle RIGHE

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Non lo conoscete - Gv 1,6-8.19

+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.


Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.



Venne un uomo mandato da Dio

Venne, il greco ègèneto è tradotto anche ci fu, il tempo del verbo (non abbiamo un corrispondente in italiano) è “acronico”, il senso di un passato indefinito; si potrebbe dire avvenne: si sta annunciando l’avvento di un tempo nuovo con un uomo mandato da Dio; l’avvento di Giovanni è un evento divino che segna la storia. È l’inviato di Dio per dare testimonianza alla luce.
Se per i vangeli sinottici il compito di Giovanni era di preparare un popolo ben disposto (Lc 1,17), per il quarto vangelo è innanzitutto quella della testimonianza.
Mentre il lavoro di preparazione ha un termine nello sviluppo delle cose, la testimonianza ha un valore che trascende gli eventi contingenti ed è per sempre.  La sua testimonianza non muore con Giovanni ma ci raggiunge e diventa la nostra testimonianza. Giovanni dà testimonianza alla luce perché non era lui la luce; per questo noi e la Chiesa che non siamo la luce dobbiamo rendere testimonianza alla luce.


Questa è la testimonianza

Sacerdoti e leviti cercano una risposta a una domanda semplice e diretta, ma estremamente complessa. Se a ciascuno di noi fosse posta la stessa domanda «Tu, chi sei?», forse avremmo trovato una molteplicità di affermazioni implicando la natura, le relazioni, la posizione sociale, il ruolo, l’età, il genere e chissà quante altre cose senza penetrare l’essenza di noi stessi. Basta guardare i profili che si costruiscono in internet per capire che ogni tentativo di rivelazione di noi stessi è, di fatto, un nascondersi dietro un’immagine complessa di mille cose.
Giovanni, alla domanda risponde con una negazione, a ogni domanda fa corrispondere una negazione; questa è la sua testimonianza il “non essere”, lui non è: né la luce, né il Cristo, né Elia, né il profeta.
Le risposte lasciano spiazzati sacerdoti e i leviti che non sanno cosa riferire ai Giudei che li avevano inviati.
Il significato della testimonianza negativa del Battista, il suo non essere è il modo formidabile con cui Giovanni afferma la presenza del Signore Gesù. La fila dei suoi no invita i suoi interlocutori ad andare oltre, di non accontentarsi di una risposta ma continuare la ricerca.
Dirà ancora: Lui deve crescere; io, invece, diminuire (Gv 3,30).
La testimonianza deve farsi necessariamente piccola, non può e non deve ingombrare la presenza del Signore tra noi. Avremmo, come persone, pastori e Chiesa, tante cose da imparare dal modo con cui Giovanni modula la sua testimonianza. Ci sarebbe da domandarci se certe forme di autoreferenzialità, alcune manifestazioni troppo evidenti, la ridondanza rituale o la malcelata volontà di imporre verità e certezze, più che rivelare si frappongano o peggio si sostituiscano alla presenza reale del Signore in mezzo a noi; se addirittura non siano indice di una fede indebolita e stanca, incapace essa stessa di andare oltre per scoprire il Signore presente anche oggi nel tessuto dell’umanità, là dove parla, agisce e salva, nonostante l’uomo.
La testimonianza, per cui la Chiesa viene nella storia come mandata da Dio, dovrebbe essere una specie di negazione di sé per essere tutta soltanto indicazione del Cristo, come la testimonianza di Giovanni Battista perché tutti credessero per mezzo di lui.               


uno che voi non conoscete

È un’affermazione che può essere tragica accusa, ma anche un’acuta provocazione. Giovanni ci tiene aperti a qualcosa d’ignoto che è in mezzo a noi, è sicuro che c’è; non gli basta ciò che è risaputo sulla venuta del Messia e che è ripetuto dai Giudei. Giovanni attira l’attenzione verso un Messia presente nella sua assenza, estraneo pur restando in mezzo al suo popolo, di cui ogni sfumatura è nota, ma rimane uno sconosciuto! Anche Giovanni afferma di non conoscerlo (Cfr. Gv 1, 31-32). Forse nessuno può dire di conoscerlo veramente perché l'esperienza della fede è sempre una non-conoscenza, in un incessante cammino verso una conoscenza diversamente da ogni altra. Nessuno può conoscere Cristo da solo, la mia fede non basta, ho bisogno di quella dei cristiani d'ogni tempo, dagli Apostoli fino a quelli di oggi. Il Signore non è venuto sulla terra per stabilire una religione nuova, ma per suscitare una comunione d'amore tra gli uomini.
Finché siamo colmi di noi stessi, convinti di possedere la verità, impegnati a rincorrere le nostre prospettive, la nostra vita, i nostri convincimenti come potremo riconoscere il Signore presente in mezzo a noi?  Forse noi lo conosciamo poco, ma lui è vicino ad ogni essere umano.